la divina commedia

Lo sguardo interiore ….Appunti e riflessioni sulla Divina Commedia – Se non diventerai un morto

1412267992[1]Sì tosto come il vento a noi li piega, / mossi la voce: «O anime affannate, / venite a noi parlar, s’altri nol niega!». ( Inferno, Canto V ,vv.79/81)

Durante un breve soggiorno nel monastero francescano di La Verna mi accostai per curiosità alla Divina Commedia. Il silenzio, il verde lussureggiante dei boschi, i chiostri del convento erano un continuo invito alla meditazione, alla lettura, all’approfondimento di alcune tematiche che da tempo avevo lasciato riposare dentro di me. Il clima ideale per entrare nella “selva oscura” del mio cuore. Dopo cena, nella mia piccola cella, dedicavo alcune ore alla lettura del capolavoro di Dante. Presi degli appunti e stesi, sul mio quaderno di spiritualità, alcune riflessioni. Dovendo, durante la Quaresima, sostituire Fiorella nella rubrica “L’ora del mattino” ho pensato bene di riprendere gli appunti stesi in quei lontani giorni, aggiornali e pubblicarli su “Non di solo pane…” Ho ritenuto opportuno rispettare l’ordine rigoroso di quegli stralci, incuranti di un ordine logico e consequenziale. E un saltare da una cantica all’altra, un riprendere terzine che ora appartengono all’Inferno, ora al Purgatorio, ora al Paradiso. Si passa da un girone all’altro, poi si ritorna sui propri passi, poi eccoci su una balza, poi ancora in una bolgia, poi nell’empireo, infine ancora giù all’Inferno. La rubrica si chiamerà: “Lo sguardo interiore…”

Ma con quale atteggiamento mi sono accostato a Dante e al complesso mondo del suo Capolavoro, una straordinaria enciclopedia del Medioevo ancora capace di parlare un linguaggio universale? Sono sempre stato un appassionato dei padri del deserto e sul mio quaderno spirituale i loro detti sono ripresi a piene mani. La prima sera del mio soggiorno a La Verna lessi questa sentenza di abba Mosè: “ Un fratello interrogò abba Mosè dicendo: «Vedo davanti a me che cosa devo fare, ma non riesco a farlo». Gli disse l’anziano: «Se non diventi un morto come quelli che sono sepolti non potrai riuscirvi». Bisogna immaginare di esser morti per raggiungere il traguardo e il fine del pieno compimento della propria maturità cristiana e umana. Pensando a quello che sarai per l’eternità potrai vivere il presente nell’ottica di una libera e responsabile scelta tra il bene e il male, tra la beatitudine e la dannazione.

don luciano vitton mea

 

   

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